giovedì 19 dicembre 2013

UN PO' DI SILENZIO PER SCONFIGGERE L'ABITUDINE (anche della fede)


Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccarìa, della classe di Abìa, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avvenne che, mentre Zaccarìa svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso. Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccarìa si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccarìa, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elìa, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto». Zaccarìa disse all’angelo: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni». L’angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo». Intanto il popolo stava in attesa di Zaccarìa, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto. Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini». 

Lc 1, 5-25

Per anni questo uomo e questa donna, Zaccaria ed Elisabetta, hanno vissuto in mezzo alla vergogna degli uomini. Guardati e considerati da tutti come colpiti da una disgrazia: quella di non aver avuto neanche un figlio. Un pregiudizio sociale, un modo di pensare diffuso in quel tempo, che toglieva il sorriso a chi si trovava in quelle condizioni. Ma la forza della loro fede è sorprendente: non si arrendono, non smettono di affidarsi a quel Dio che nel corso della storia aveva compiuto grandissime opere, rendendo prima di tutto libera l'esistenza di chi si fida delle sue parole. Di Zaccaria colpisce la perdita della voce, del silenzio imposto per riscoprire il valore della fede, in attesa che qualcosa di bello rinnovi la vita con una gioia diversa, che tolga la sofferenza per il giudizio (e il pregiudizio) degli altri. Il silenzio prepara il cuore di Zaccaria ad accogliere una vita nuova, nuovamente benedetta da quel Cielo a cui lui non ha mai smesso di affidarsi, ma al quale rischiava di abituarsi un po' troppo, non rimanendo completamente disponibile alla novità. 
A pochi giorni dal Natale il silenzio nel cuore è un bisogno che va coltivato, per essere capaci di stupirci ancora di cose belle e nuove dentro alla nostra vita. 
Altrimenti siamo già vecchi, ancora prima di diventare anziani. 

mercoledì 18 dicembre 2013

PURA FEDE


Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa «Dio con noi». Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa. 
Mt 1, 18-24 

Gesù può nascere grazie alla capacità di un uomo di sognare, grazie al coraggio di credere in quel sogno e di non darlo per scontato, grazie all'umiltà e alla semplicità di uomo che ha capito che cos'è l'amore: dare a chi si ama senza rubare nulla a nessuno. Giuseppe ha accettato la vita che aveva, non perché si è rassegnato ad essa, ma perché ha voluto consegnarla nelle mani di Qualcuno che la facesse diventare grande, bella, vera. E tutto questo senza nemmeno il bisogno di dire una parola!
Fede pura. 

martedì 17 dicembre 2013

CHE STORIA!


Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. 
Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. 
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.

 

Mt 1, 1-17 

Che storia! Quante vite, quanta vita! La genealogia di Gesù potrebbe essere anche la nostra. La storia di quest'uomo così straordinario è piena di fatti e di esperienze particolari, non tutte positive e luminose. Si pensi al re Davide che concepisce un figlio con una donna non sua e ne fa pure uccidere il marito! Una storia fatta di fatiche e anche di ombre, di fede e di infedeltà. Proprio come la storia di ciascuno di noi. Una storia che Dio vuole scrivere a quattro mani con noi e proprio per questo motivo ci mostra la normalità della sua esperienza. Nessuno si deve sentire escluso dal suo sguardo e dal suo desiderio di incontrarci. Nessuno!

lunedì 16 dicembre 2013

MA COME TI PERMETTI?!


In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?». Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?». 
Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta». Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». 
Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose». 

Mt 21,23-27

Che modi questi capi e anziani del popolo! Ma non sono molto diversi dai modi con cui, tante volte, senza accorgercene, anche noi trattiamo Dio. Lo mettiamo alla prova, lo provochiamo, lo mettiamo anche a disagio, magari pensando: "intanto è Dio!" o "se Dio è Dio chiuderà un occhio!". L'arroganza che abbiamo a volte nei suoi confronti è davvero spavalda, senza paura. Ma il frutto dell'arroganza è sempre la solitudine, sia tra noi uomini, sia con Dio, non tanto perché gli altri (uomini o Dio) non vogliano chiudere un occhio, quanto piuttosto per la nostra insaziabile voglia di essere il centro dell'universo. Impariamo a provocare di meno, ad essere meno arroganti, anche solo col pensiero. Una buona manciata di semplicità e umiltà dona sorrisi contagiosi a tutto il mondo!

venerdì 13 dicembre 2013

LAMENTELE E CAPRICCI


In quel tempo, Gesù disse alle folle: «A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”. È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie». 
Mt 11, 16-19 

Criticare, lamentarsi, denunciare, arrabbiarsi, attaccare, aggredire… Tutti segnali che le cose intorno a noi non vanno bene e sicuramente non ci piacciono. Spesso però ci limitiamo a questo primo tempo della "protesta" e facciamo come quei bambini lamentosi di cui parla Gesù, che fanno i capricci e continuano a lagnarsi dicendo "ma… se… forse… però…", continuando senza sosta nella loro azione di critica. "La sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie". In poche parole: meno lamentele e tiriamoci su le maniche lì dove siamo. La vita cambia se incominciamo a volere che cambi. Con un piccolo aiuto dal cielo, che non manca mai e ce ne accorgeremmo, se diventassimo un po' più umili e meno saccenti per le nostre quattro idee che abbiamo in testa.

giovedì 12 dicembre 2013

RIVOLUZIONE!


In quel tempo, Gesù disse alle folle: «In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elìa che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!» 

Mt 11, 11-15 

L'uomo più grande di tutti è colui che sa tirarsi indietro e riconosce che c'è qualcuno più importante di lui. E lo indica. Il nostro mondo nasconde le persone veramente importanti, quelle che contano, quelle che hanno bisogno che qualcuno le noti, le guardi, doni loro un sorriso, un po' del loro tempo, qualcosa per vivere e per vivere bene. Poveri, bambini, anziani, persone sole, ammalati nel corpo e nell'anima, chi subisce violenza di ogni tipo, verbale o fisica. Questi nel regno dei cieli (che è la logica di Dio, che è il modo con cui Dio guarda al mondo) sono i più grandi e i più importanti. Giovanni Battista è "un grande" perché ci invita fortemente a fare una rivoluzione dentro di noi: mentale e di cuore.

mercoledì 11 dicembre 2013

COME LORO


In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». 

Mt 11, 28-30 

Umiltà e mitezza come ingredienti per riposarsi dalla stanchezza e dall'oppressione della vita. Due qualità da imparare, due atteggiamenti da apprendere stando con Gesù, frequentandolo il più possibile: con l'ascolto delle sue parole, con la preghiera, nel silenzio, nella partecipazione al modo con cui Lui ha voluto restare con noi (l'Eucarestia), nel volto di chi è povero, sofferente, solo… Tanti i modi per stare con Lui. Tante le occasioni per gustare la dolcezza dell'essere sotto il suo giogo: non la cattività, ma la vera libertà. E liberiamoci, una volta per tutte, dalla superbia, dall'arroganza, dalla presunzione, dal volto finto-serio senza mai un sorriso, dalla rabbia, dall'aggressività… Davvero è meglio "come loro", come i piccoli, i bambini, semplici e sorridenti. Chi si fa piccolo troverà la sua ricompensa!

martedì 10 dicembre 2013

SMARRITI o STORDITI


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda». 

Mt 18, 12-14 

Ci affidiamo a queste parole di Gesù come fa un bambino nell'abbraccio del suo papà, sapendo che nulla vi è di più forte e buono. Ci affidiamo a Gesù perché queste parole danno speranza a tutti: alle pecorelle smarrite, perché la vita con il suo peso e la sua fatica può far perdere la strada; e alle  pecorelle…"stordite", dal chiasso del mondo, dalle luci che abbagliano ma non illuminano, ma anzi accecano, da un'esistenza molto veloce e superficiale che sembra riempire ogni parte di noi, mentre in realtà non fa altro che rapinarci la vita, come fa il lupo, che le pecore le mangia! 
Ci affidiamo a Gesù perché è il buon pastore: aspetta, cerca, si arrampica e alla fine fa festa per ogni nostro piccolo o grande ritorno. E insegna anche a noi come fare con gli altri. È una logica non difficile da comprendere: se perdi qualcosa, ti metti a cercarla. Vale anche per la fede, per Gesù, per gli amici, per gli affetti più cari: ciò che è perso è bello andare a cercarlo.

lunedì 9 dicembre 2013

"ED ECCO…"


Un giorno Gesù stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni. Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza. Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?». Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: «Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire “Ti sono perdonati i tuoi peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua». Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio. Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose». 

Lc 5, 17-26 

Il miracolo di oggi sembra avvenire quasi per caso. Capita, così, senza essere programmato, se non fosse per la fede di quegli uomini, un po' pazzi diremmo noi, che si arrampicano sul tetto di una casa con una barella sulle spalle, per calarla dal soffitto, dopo averlo scoperchiato. Ma ci pensiamo? Leggerlo non fa lo stesso effetto che immaginarlo. C'è gente che si è arrampicata su ogni dove per poter accedere a Gesù. Noi siamo capaci di portare i nostri amici da Gesù, di muovere le nostre gambe, di andare da chi vive una vita un po' sdraiata, distesa, paralizzata e dirgli "guarda che puoi rialzarti!"? Abbiamo l'abitudine di parlare a Lui di loro, di farGli il loro nome, non perché Lui non se li sia dimenticati, ma perché più intenso sia l'affetto nei loro confronti? 
"Ho parlato di te a Dio!". Chi non vorrebbe un amico così? 
Ma ci crediamo?



venerdì 6 dicembre 2013

SOLO SE TU VUOI


In quel tempo, mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione. 

Mt 9, 27-31 

Potremmo definire questa prima settimana di Avvento una settimana di miracoli. Li leggiamo nel racconto degli evangelisti, li possiamo notare intorno a noi in ogni momento se soltanto la nostra vista fosse capace di vedere oltre l'apparenza. Un già citato Piccolo Principe, in altre sedi ci ricorda che "non si vede bene che col cuore". Ed è proprio così. Così guarda Gesù e questo guarda Gesù, il cuore delle persone. Anche quel giorno ha guardato il cuore di chi gli stava davanti, due ciechi ai quali chiede "credete?". Ciò che segue non è solo opera di Gesù, ma del suo potere di fare miracoli unito a una forza altrettanto potente: quella della libertà di quei due uomini. "Avvenga per voi secondo la vostra fede", come a dire "vi guarisco, se vuoi credete in me, se voi volete guarire attraverso di me". Così è Gesù. Così è Dio. Non qualcuno che si presenta e si impone di fronte a noi, ma qualcuno che si propone, che bussa alla porta della nostra vita e attende fino a quando noi decidiamo di aprirgli. Altrimenti rimane fuori. Ad aspettarci. Il tempo dell'Avvento è il tempo dell'attesa. In Avvento tutti attendono: noi, che il Figlio di Dio nasca; Dio, che ciascuno di noi decida di aprire quella porta e di farlo entrare.


giovedì 5 dicembre 2013

SOLO DUE COSE...


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande». 
Mt 7,21.24-27 

Coerenza. Adesione tra ciò che si dice - o si dice di credere - e ciò che si fa. La saggezza sta nella fatica di scavare nella roccia. La stupidità nel limitarsi a fare una buca nella sabbia. Avere a che fare con le rocce è sicuramente molto più faticoso e ci può essere il rischio di farsi male, ma sono pesi e fatiche che vale la pena affrontare. Così è nella vita saggia di chi ascolta le parole di Gesù, "queste mie parole", e decide di metterle in pratica, decide di tradurle in vita, decide di cambiare prospettiva e abitudini. Questo scavare, profondo, faticoso e rischioso, aiuta sicuramente ad affrontare le possibili tempeste, le possibili inondazioni, i venti burrascosi che si abbattono ogni giorno su di noi. Tutto ciò genera ottimismo e speranza: genera sorrisi. Il Vangelo chiede due azioni per essere certi di stare scavando nella roccia: ascolto delle sue parole e messa in pratica nella vita. Trovare il tempo per entrambe è come iniziare a costruirsi una casa-vita migliore.

mercoledì 4 dicembre 2013

A CIASCUNO IL SUO…COMPITO


In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele. Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?». Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene. 
Mt 15, 29-37 

La folla, i malati, i discepoli. Tre modi differenti per stare con Gesù, per cercarlo e per avere da lui qualcosa di buono per la vita. 
Per essere parte di quella folla occorre avere una grande curiosità e un anticipo di fiducia nei suoi confronti: solo con questi ingredienti è possibile seguire e ascoltare quest'uomo così particolare per tre giorni, senza curarsi dei bisogni essenziali. Quanto noi siamo curiosi e quanta fiducia mettiamo nelle parole del Signore? 
Per far parte dei malati che hanno bisogno di Gesù, occorre riconoscere in Lui il potere di guarire. Ma da cosa? Possiamo forse chiedere e sperare la guarigione da malattie fisiche, interiori, spirituali più o meno gravi? O per noi sarebbe davvero un miracolo imparare ad accettare, ad affrontare, a combattere contro il male che entra violento nella nostra vita? 
Per far parte del gruppo dei discepoli, occorre aver voglia di imparare. Imparare ad avere compassione degli gli altri, che non vuol dire avere pena, ma provare un sentimento così vero di condivisione umana da poterci sentire vicini ai bisogni di tutti, alle emergenze di tutti, alle paure di tutti, al pianto di tutti, al dolore di tutti, fino ad arrivare a sentire le stesse cose, come vivessimo la loro stessa vita. 
Questo chiede Gesù ai suoi: "quanti pani avete?", ovvero: "tu cosa puoi dare alle persone che ti stanno accanto? Non tirarti indietro! Il poco bene che tu pensi di poter fare, può salvare tante vite!"


martedì 3 dicembre 2013

"PICCOLI PRINCIPI" non si nasce, SI DIVENTA


In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono». 

Lc 10, 21-24 

Siamo al terzo giorno di Avvento. Le tante parole che Gesù ci offre per accompagnarci in questo mese di preparazione al Natale ci hanno già fatto capire che in gioco ci può essere qualcosa di grande. E più queste parole sembrano impegnative e più Gesù chiede salti di qualità in avanti. Il Vangelo (la buona notizia) di oggi ci ricorda che non dovrebbe mai bastarci essere soltanto sapienti e intelligenti, sapere le cose e conoscere sempre il "come si fa". 
L'atteggiamento da avere per cogliere la verità della vita (cioè vivere una vita piena, buona, felice, … vera!) è quello dei "piccoli", dei "semplici", degli "umili", dei "bambini"! Paradossalmente più uno cresce in sapienza e intelligenza più è chiamato ad essere semplice, a non montarsi la testa, a sorridere all'inizio delle sue giornate, a vivere la vita come un dono, ringraziando, proprio come fa un bambino, che affronta il suo tempo con stupore, curiosità e voglia di vivere. In tanti vorrebbero vivere così ("molti profeti e re").
Forse non diventeremo mai dei grandi re, ma almeno potremo provare ad essere "solo" dei piccoli principi e "solo" il sorriso e la semplicità ci permettono di farlo, insieme alla voglia di rivoluzionare la nostra vita sui consigli di quell'uomo chiamato Gesù.

lunedì 2 dicembre 2013

TUTTI DEGNI

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli». 
Mt 8,5-11 


Dopo essere stati messi in guardia, nel primo giorno di Avvento, circa il modo con cui Dio entra nella vita delle persone (in silenzio, senza farsi notare, senza preavviso) e sulla possibilità che questa entrata stravolga tutta l'esistenza, il primo passo feriale chiede di fare i conti con il senso di indegnità nei confronti di Dio. Molte volte ci si sente davvero come questo centurione, indegni di essere considerati da Qualcuno di così grande, come Gesù, il Figlio di Dio. Anzi, a parlarne, fa quasi vergogna, soprattutto tra i più grandi. Subordinati a molte cose in questo mondo, ci dimentichiamo poi di affidarci a ciò che cambia i nostri punti di vista e rende la vita migliore, la guarisce, la salva. "Io verrò o lo guarirò" dice Gesù, parlando di un uomo, malato, a letto, paralizzato tra dolori tremendi. Quanti dolori e paralisi interiori soffre la nostra vita fino a quando una Presenza diversa irrompe dentro di essa! 
Aprire la porta della nostra vita a Dio vuol dire, anche, fare un passo indietro rispetto alle nostre conquistate posizioni o alle nostre vergogne e incominciare a fidarci di Lui.

venerdì 22 febbraio 2013

TU SEI


In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». 
Mt 16, 13-19

Anche in questa prima settimana di Quaresima la festa della Cattedra di San Pietro trova il suo senso. Le parole della professione di fede di Pietro sono commentate da Gesù in maniera eccellente: tu, Pietro, sei beato perché il Padre ti ha detto chi sono, cioè il Cristo, il Figlio del Dio vivente. 
Camminare in Quaresima e seguire Gesù per andare con Lui a Gerusalemme vuol dire anche questo: arrivare a riconoscere chi è veramente Gesù, non secondo qualche idea, opinione o la notizia più in voga del momento. Gesù è il Figlio di Dio e per l'uomo riconoscere questo può voler dire cambiare radicalmente la sua vita. Solo quando arriviamo a credere con la stessa fede semplice e schietta di Pietro la nostra vita cambia, la nostra vita si converte, non può più fare a meno del Signore. Anche se i limiti rimangono, le tentazioni continueranno a metterci alla prova, la nostra povertà umana non sarà cancellata. Questo Gesù lo sa. Ma continua a fidarsi di noi, come ha fatto con Pietro. E il guadagno di tutto questo è uno straordinario scambio di "tu sei": il "tu sei il Cristo" è ricambiato con il "tu sei Pietro". Riconoscere chi è veramente Gesù ci consente di essere riconosciuti per quello che siamo veramente anche noi. 

mercoledì 20 febbraio 2013

LA MAGIA DI DIO


In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona». 
 Lc 11, 29-32 

Ciò che illumina tutte le giornate di questa settimana sono le tentazioni trasformate in occasione da Gesù di domenica scorsa. Anche con queste importanti parole Gesù ci ricorda che non è tanto importante cercare segni e prove della sua grandezza e sapienza, quanto piuttosto acquistare lo stile del discepolo che crede, che ha fiducia nel suo maestro perché gli vuole bene e perché si sente amato. Convertirsi vuol dire anche credere che l'amore, soprattutto l'amore, è il criterio per dire se qualcosa è vero oppure no. Non avere l'amore come criterio di verità per la vita vuol dire arrendersi soltanto all'evidenza delle cose, a ciò che appare nella realtà, vuol dire continuare a chiedere segni visibili ed evidenti a un Dio che viene pensato come un prestigiatore e non come un Padre che dona amore ai suoi figli. Ma la "magia" di Dio non sta solo nei segni che Egli compie, ma soprattutto nell'amore che dona a quei figli che abbassano le armi della loro incredulità e decidono di farsi amare.

lunedì 18 febbraio 2013

CASI CONCRETI DI RICONOSCIMENTO


«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna». 
Mt 25, 31-46

Trasformare ogni tentazione in occasione per vivere bene la nostra vita, convinti che la vita non si liberà come per magia dalla sua fatica, ci permette di affrontare ogni nostro giorno con uno sguardo diverso sulla realtà. Già solo lo scorrere del tempo non è inteso come il solo susseguirsi di impegni e obblighi che abbiamo, ma come opportunità che ci sono date per non tradire noi stessi, gli altri e Dio. Ogni occasione persa è un passo in più verso il deserto, dunque la non vita. Ogni tentazione trasformata in occasione diventa un passo in più verso il giardino della vita, quell'Eden nel quale Dio, da sempre, ha voluto che l'uomo vivesse, ma che l'uomo, per la sua libertà di compiere anche il male, ha preferito abbandonare. Avere la vita illuminata dal Vangelo permette di compiere questo riconoscimento e di smascherare le tentazioni che ci rendono disumani, di riconoscere il bisogno di chi soffre, la fragilità di chi è debole e di prenderci cura di questi. "Tutto quello che avete fatto a uno solo..." ne basta uno, basta un bicchiere d'acqua per ricevere in cambio la pienezza di una vita vera, eterna. Non troviamo scuse "caprine": "Signore, quando...?". 

venerdì 15 febbraio 2013

PANCIA CHE BRONTOLA


In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».

Mt 9,14-15

In questi due semplici versetti Gesù ridona il giusto equilibrio a quella pratica un po' in disuso del digiuno. Non si può digiunare finché lo sposo è tra noi; mentre digiunare, non mangiare, perdere appetito è qualcosa di molto umano quando viene a mancare il motivo per cui viviamo, il motivo che da senso al nostro svegliarci al mattino e al nostro ricominciare ogni giorno. La pancia che brontola per la fame ci ricorda nella nostra stessa carne (e non solo con i pensieri o a parole) che abbiamo fame, abbiamo desiderio, abbiamo bisogno di nutrire tutta la vita,  non solo il corpo, con un nutrimento vero, con un significato, con un senso. Abbiamo bisogno di risposte. E quando Gesù manca, la "pancia", concreta o metaforica, inizia a brontolare perché quel senso viene a mancare.  
Così sarà la vita stessa ad essere un digiuno. E si incomincerà anche a brontolare... 

giovedì 14 febbraio 2013

L'IMPORTANTE È COMINCIARE



In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».
Lc 10,1-9

Gesù conosce bene il bisogno di tutti. Sa che la messe, quell'enorme campo di cui Dio è il padrone, è un terreno sterminato sul quale faticare e lavorare. E sa anche che gli operai sono pochi e forse, a volte, sa anche che sono poco. Gli operai che Gesù sceglie per andare nel mondo, per andare "come agnelli in mezzo ai lupi" sono pochi e, di loro, anche insufficienti rispetto a quanto è richiesto. Eppure sembra che  basti, sembra che sia sufficiente iniziare. L'importante è cominciare. Iniziare a camminare, ad acquistare uno stile senza pesi, senza scuse, senza resistenze, senza timori, senza pretese. La Quaresima, che è un cammino per prepararsi a vivere la Pasqua di Gesù, ci invita ad essere così: pieni di fiducia in Uno che cammina con noi "in mezzo ai lupi", in questo campo sterminato che è la nostra vita, che è il Regno di Dio. Un Regno, che giorno dopo giorno vuole farsi sempre più evidente a noi e alle nostre malattie. Occorre rinascere per poterlo vedere. Ogni giorno. 

mercoledì 13 febbraio 2013

CON UN PO' DI CENERE IN TESTA



«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». 
Mt 6,1-6.16-18


Si inizia con un po' di cenere in testa. Polvere, cose morte bruciate. Si finirà con un sepolcro vuoto, una notizia in-credibile, sconvolgente: un uomo morto che è di nuovo vivo! Chi si sentiva smarrito, perché abbandonato dalla sua guida, gioirà nuovamente per aver ritrovato il Maestro in una vita nuova, una vita piena, senza fine. Una vita che tutti, volenti o nolenti bramiamo. Passiamo tutta la vita desiderando più senso, più pienezza, più felicità, qualcosa che non passi mai; chiedendo al cielo che la gioia, quella vera, sia più forte delle prove e degli insuccessi. Incominciamo così, con della cenere, per ricordarci che anche di polvere siamo fatti e che la gioia, quando arriva, è un dono da con-dividere con la tanta polvere che abbiamo sul cuore. Incominciamo così, perché arriveremo alla vita vera, piena, eterna, solo quando ci saremo riconosciuti, solo quando qualcuno, nel segreto della nostra vita, nel ripostiglio della nostra anima, ci avrà detto veramente chi siamo: liberi e figli. C'è bisogno di libertà. C'è bisogno di riscoprirci figli. E questo abbondante mese è un'occasione da non perdere per prepararci alla Sua Pasqua, per migliorare le nostre fragili vite, per riconoscerlo ancora in mezzo a noi, come il motivo che da senso al nostro esistere. 

martedì 1 gennaio 2013

LETTERA A QUEL BAMBINO DI NOME GESU'

Caro Gesù Bambino, 
anche quest’anno ho voglia di scriverti una lettera, qualche parola da leggerti e rivolgerti in questo primo nuovo giorno della tua vita in mezzo a noi. Dall’anno scorso molte cose sono cambiate: abbiamo camminato e siamo cresciuti, abbiamo vissuto esperienze che ci hanno fatto maturare. Alcune ci hanno portato gioia, altre dolore. Qualcuna ci ha insegnato a sorridere alla vita, qualche altra ha continuato a farci piangere.

Nel nostro mondo c’è ancora tanto da fare per cercare di capire quelle Parole buone che tu hai voluto dirci nascendo per noi, nascendo proprio come uno di noi. Ti sei fatto piccolo come un Bambino, tu che sei il più grande di tutti noi; ti sei fatto debole come la più indifesa delle creature, tu che sei l’Onnipotente, che hai disperso i superbi nei pensieri dei loro cuori e hai rovesciato i potenti dai troni; hai voluto imparare a parlare la nostra lingua, per usare le nostre parole, tu che sei la Parola per eccellenza, tu che sei il Verbo di Dio, quel movimento di Dio, quell’agire di Dio, quell’azione di Dio, che è fatta sempre e solo di Amore e di Luce.

Tu, caro Gesù, continui a portare pazienza con noi e noi, purtroppo, spesso viviamo come se tu non ci fossi, come se non avessi voluto nascere per noi, dentro alla nostra vita. Hai chiesto solo un posto, piccolo, semplice, umile come la mangiatoia in una stalla, mentre noi abbiamo preferito rispondere che nell’alloggio del nostro cuore non c’era posto. Nella nostra vita, per te, non c’è mai posto! Quell’alloggio, cioè il nostro cuore, preferiamo ancora riempirlo di cose ingombranti e molte volte non riusciamo a metterle in ordine: a volte sono emozioni più grandi di noi, a volte sono sensazioni, a volte sono divertimenti senza limiti, a volte è lo “sballo” che cerchiamo di vivere con qualcosa di forte per distrarci dalla monotonia della nostra vita, a volte è il dolore per male che abbiamo dentro al nostro corpo o dentro alla nostra anima; a volte si tratta di delusioni, di ansie, di paure; altre volte… è solo vergogna, vergogna di aver bisogno di te, vergogna di mostrarti i nostri lati deboli, di dirti ciò che in noi non funziona. E preferiamo mentirti e tenerti nascosti i nostri difetti. Proprio quei difetti con i quali tu ci vuoi salvare. Proprio quei difetti con i quali tu ci ami alla follia. Perché sempre tu ci insegni che amare veramente comprende anche i difetti.

Vedi, Gesù, la cosa che più mi colpisce di questo Natale, è il capire che oltre alla gioia e alla bontà di cui tutti noi abbiamo un grande bisogno, la tua Festa di compleanno si sta rivelando non facile da vivere per molti di noi. Non è facile vivere il Natale, non è facile accettare che da ora in poi tu ci sarai. Lo aveva già capito la tua mamma, Maria, quando turbata dalle parole dell’Arcangelo Gabriele, conservava tutte quelle cose nel suo cuore, non capendone però il vero senso. Non è facile accoglierti, farti spazio, decidere di cambiare quelle abitudini che sono in contrasto con la presenza di un bambino piccolo come te. Perché così fai tu: chiedi tutte le attenzioni e le premure di un bambino piccolo. Ma questo, a parte un po’ di fatica, ci fa tanto tanto bene. Aiutaci a capirlo!

Aiutaci a capire che Tu, che sei Dio, non ci togli magicamente tutti i problemi, ma ci doni una forza straordinaria per affrontarli: la speranza. Aiutaci a capire che Tu, che sei Dio, non ci chiedi di obbedirti ciecamente e di rinunciare alla nostra libertà di figli, ma proprio come figli, vuoi che tutti i giorni ci impegniamo per conoscere il vero volto di Dio, che è Padre, e non giudice, non padrone, non una spietata presenza della quale subiamo i capricci o le stranezze. Se proprio dovesse esserci una stranezza nel Padre tuo, nel Padre nostro che sta nei cieli, quella stranezza è tutto l’amore che prova per noi e di cui noi, molte volte, non ne percepiamo l’intensità! Aiutaci a capire che di Te, che sei Dio, ci si può fidare!
Aiutaci a capire che Tu, che sei Dio, ci insegni il modo più vero per stare al mondo: la semplicità, il servizio, l’umiltà (che non è umiliazione, ma è la capacità di stare nel posto che tu hai pensato per noi nel mondo!), la purezza – del cuore e del corpo – che ci aiuta a non essere schiavi di tante e troppe emozioni o pulsioni che ci legano soltanto alla terra e alle cose materiali, facendoci dimenticare che noi siamo fatti per il Cielo!; il perdono – che non è mai cosa umana, ma squisitamente divina, di cui abbiamo bisogno per stare insieme! Aiutaci a vivere questo Amore, a sentire questo Amore, a metterlo in pratica così come Tu hai fatto e continui a fare donandoci la tua vita “tutta intera” in ogni Eucaristia. Aiutaci a capire che venire a Messa non è un noia, non è un obbligo, ma è il modo per ricevere il dono più grande: il dono di tutta la tua vita! 

Grazie, Signore Gesù. Tu che sei Dio e che sei sceso dalle stelle, continua a farti sentire con il tuo delicato pianto di bambino, con la tua tenerezza, con la tua bontà, perché ogni nostro desiderio per essere realizzato, passi attraverso di Te. E perdonaci, se noi tutti, in questo mondo un po’ distratto, per una volta all’anno, invece di pensare a te e di farti un regalo per il tuo compleanno, abbiamo forse preferito regalare qualche gesto di affetto e di bontà ai nostri cari. Forse anche tu avresti fatto così. Sicuramente, grazie a te, grazie al tuo Natale, almeno ogni tanto, siamo davvero un po’ più buoni. Buon compleanno, Maestro: donaci sempre la tua Luce, perché anche in noi risplenda la nostra Luce davanti agli uomini.